L’amniocentesi è un’esame di diagnostica prenatale invasivo. Lo scopo è di prelevare liquido amniotico contenente cellule di sfaldamento della cute e delle mucose del feto mediante un sottilissimo ago.
L’esame viene eseguito sotto guida ecografica al fine di visualizzare l’area ottimale in cui effettuare il prelievo.
Il periodo gestazionale in cui viene consigliato eseguire questo esame è tra la 15° e la 16° settimana.
Il suo fine è quello di evidenziare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche, sia numeriche (quali trisomie, monosomie e presenza di un marcatore) che strutturali (traslocazioni, delezioni ed inversioni). Le malattie provocate dalle anomalie cromosomiche sono infatti tra le più importanti cause di abortività, di morte fetale o malformazioni congenite.
È possibile effettuare, sullo stesso campione fetale, oltre allo studio del cariotipo tradizionale o molecolare, anche uno screening genetico multiplo, diretto alla diagnosi di malattie genetiche relativamente frequenti nella popolazione italiana, quali Fibrosi Cistica, Sindrome del Cromosoma X Fragile (ritardo mentale), Beta Talassemia, Sordità Congenita, Distrofia Muscolare di Duchenne-Becker, Distrofia Miotonica (e tante altre malattie genetiche) e l’analisi rapida delle principali aneuploidie (trisomia 21, 13 e 18).
L’amniocentesi è definita come una tecnica invasiva per la metodica di esecuzione, ma i rischi correlati all’abortività sono inferiori all’0,5%.
È consigliata alle donne che abbiano avuto un risultato positivo al test di screening prenatale (test combinato, bi test, tri test); alle donne che abbiano avuto figli con malattie cromosomiche o difetti del tubo neurale, come la spina bifida; alle donne con un’età superiore ai 35 anni che non si siano sottoposte ai test di screening del primo trimestre; in caso di familiari (storia familiare) con specifiche malattie genetiche; in caso di risultati dell’ecografia che facciano sospettare la presenza di malattie genetiche.